lunedì 31 ottobre 2011

La mentalità per approcciarsi al Pianoforte

Sono fermamente convinto del fatto che il nostro atteggiamento allo studio di un brano influisce pesantemente sul risultato finale.

Ne parlo per esperienza personale. Aprire lo spartito del brano che si sta studiando e trovarsi demoralizzati per la quantità di note che vi sono all'interno.. significa proprio partire col piede sbagliato!

Viceversa, mettersi tranquillamente seduti sul proprio sgabello, spegnere ogni cellulare, puntare la sveglia fra 2 ore, prendere una matita appena temperata e una gomma ed analizzare con calma lo spartito, è il metodo migliore per poter cominciare la nostra impresa!

Niente è impossibile! Se davvero vuoi una cosa la ottieni, funziona così! Vuoi imparare quel dato brano? Ci  impiegherai settimane, mesi, anni, ma alla fine lo potrai padroneggiare (sempre nei limiti delle tue possibilità tecniche).

Era un pensiero che ho sempre coltivato, ma me ne sto accorgendo con la mia full immersion sullo Studio op. 10 n.1 di Chopin.



Sono partito con calma e tranquillità, sapendo che questo studio non riescono ad eseguirlo alla perfezione anche molti grandi, perciò mi sono messo l'anima in pace, ma cercando sempre di fare del mio meglio. E' un brano che non si studia in conservatorio perché è definito lo studio dei virtuosi per eccellenza.

Nonostante ciò non mi sono fatto intimidire..anzi! Io amo le sfide, ed amo anche vincerle. Così iniziai a studiare questo brano col mio metodo: lettura del brano, controllo della diteggiatura, mani separate, ciclare sugli arpeggi, scomporli, esercitarsi sui salti ecc..

Mi sembravo davvero un  handicappato i primi giorni. Il semplice arpeggio Do-Sol-Do-Mi con la mano destra mi sembrava impossibile, e ancora di più l'arpeggio seguente Do-La-Do-Fa. Li provavo lentamente ma neanche a quelle velocità non mi riuscivano. Studiai tutto a mani separate senza perdermi d'animo, sapendo che ci avrebbe pensato poi il miglioramento post studio

Il giorno dopo in effetti ebbi qualche piccolo miglioramento. E così giorno dopo giorno  unendo i piccoli pezzi del puzzle, l'immagine iniziava a prendere forma. All'oggi siamo ancora con i lavori in corso ma posso dire di aver fatto notevoli progressi: volere è potere.

Non me la sento ancora di registrare il pezzo perché so bene che è ancora prematuro, la velocità ora è a 122 quando deve arrivare a 176, e ci sono ancora abbastanza note sporche qui e là. 

Se avessi iniziato a studiare questo brano pensando al fatto che è un brano che va perfezionato per tutta la vita e che ci sono sbavature anche nella registrazione di Pollini...beh, credo che l'avrei abbandonato dopo qualche giorno di studi!

Perciò il nostro atteggiamento nei confronti di quel dato brano ci aiuta parecchio. Il consiglio che posso darti è che all'interno di ogni spartito di sono solo note (per quante esse possano essere), niente di più! E se ci sono note, possono essere eseguite. Si tratta solo di entrare nello spartito, entrare in ogni singola battuta, dividere le battute in altre sotto-battute per semplificarle. Ogni nostra operazione di studio deve essere un atto di semplificazione. 

Nel libro I Fondamenti dello studio del pianoforte l'autore spiega la tecnica del delineare, che è una tecnica che consiste appunto nel semplificare lo spartito, per poi aggiungerci a mano a mano le parti eliminate in precedenza. Lo trovo davvero un buon metodo, poco adatto a coloro che hanno problemi di memoria :)

Christian Salerno

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